Appropriatezza clinica
Il Covid ha allungato le liste di attesa ma non ha rallentato la corsa degli esami inutili. Almeno il 20% degli accertamenti che vengono fatti nel nostro Paese è inappropriato. Si tratta di circa 8 milioni di prestazioni sanitarie (risonanze, tac, radiografie, ecografie e tanto altro) che ogni anno potrebbero essere evitate. E in un periodo in cui la sanità pubblica cerca con grandi difficoltà di rispondere a chi ha davvero bisogno di accertamenti, magari cancellati negli anni della pandemia, lo "spreco" di esami ha effetti ancora più pesanti.
Conosce il tema il ministro della Salute Orazio Schillaci, che è un medico nucleare: "non basta mettere soldi per abbattere le liste d'attesa” ha detto alcuni giorni fa “bisogna razionalizzare e cercare l'appropriatezza". Ci sono tante persone che fanno esami inutili e c'è chi sta male e l'inappropriatezza si calcola prima di tutto confrontando i dati degli altri Paesi (e anche delle Regioni) osservando chi fa più esami rispetto alla media, riguarda gli esami ma anche visite, prescrizioni di farmaci e ricoveri. Non solo, una ricerca dell'Università di Milano appena conclusa dice anche che tutto ciò inquina.
Il gruppo è quello del professore di Medicina interna Nicola Montano e il lavoro è il primo di questo genere in Italia. "Abbiamo confrontato 7 Paesi dell'area G20, osservando la diversa quantità di risonanze e TAC effettuate - dice Ludovico Furlan, primo autore dello studio - se l’Italia facesse lo stesso numero di esami per mille abitanti dell'Australia, la più oculata nella diagnostica, eviterebbe ogni anno di produrre 4 mila tonnellate di C02 solo per l'elettricità utilizzata. Per compensare le emissioni andrebbero piantati 66 mila alberi».
Le criticità, dice lo studio, riguardano soprattutto le risonanze, che sono circa 700 mila di troppo, cioè, appunto, circa il 20%. Proprio questo esame è tra gli accertamenti più a rischio di inappropriatezza. Per capire che c’è qualcosa non torna, basta guardare i dati delle Regioni. Non ci sono apparenti motivi epidemiologici perché in una realtà locale si facciano molte più risonanze muscolo scheletriche (a ginocchia, spalle eccetera) rispetto a un'altra. Eppure, nel primo semestre dell'anno scorso, in Veneto ne sono state erogate 15,2 ogni mille abitanti e, restando sempre sulle grandi regioni, in Toscana e Lazio meno di 10 .
La media italiana è 11. Evidentemente qualcuno riesce ad assistere i suoi cittadini facendo meno accertamenti di altri.
In un anno, secondo Agenas, l'agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, si fanno un milione e 300 mila esami di questi quasi il 40% degli esami è non appropriato- spiega Alda Borrè, direttrice della radiologia del CTO di Torino e membro di “Choosing wisely” (https://choosingwiselyitaly.org/) movimento di professionisti contro lo spreco in sanità “oggi possiamo considerare dimezzata quella percentuale ma se parliamo di risonanze, non scendiamo sotto il25%”. Le muscolo scheleriche non appropriate sono quindi almeno 300.000. Ma sono tanti gli accertamenti dello stesso tipo, ad esempio alla schiena, molto diffusi e per tanti c’è il dubbio che siano inutili.
Le ecografie dell'addome, dice Agenas, sono 3 milioni e 400 mila l'anno, il 20% cioè , quelle di troppo, sarebbero quasi 700 mila, "Ma per questo esame - spiega Borrè - l'inappropriatezza è meno significativa". Slow medicine (https://www.slowmedicine.it/) da tempo si batte per ridurre gli esami inopportuni.
La presidente Sandra Vemero spiega che «dopo il Covid, sprecare è ancora più grave e il problema è internazionale. La richiesta di evitare accertamenti sanitari inutili non deve arrivare solo dall'alto, altrimenti sembra che ridurlì serva solo per risparmiare, spingendo così i cittadini verso il privato. Devono essere i professionisti a far capire agli assistiti che gli esami non necessari sono un danno, per il sistema sanitario, per loro e anche per l'ambiente.